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La Repubblica: Imam e carcere per battere i fanatici

ESPONENTI MUSULMANI ALLE VALLETTE: OBIETTIVO, EVITARE I SERMONI ESTREMISTI “FAI DA TE”
ERICA DI BLASI
IN carcere per favorire l’integrazione e combattere il jihadismo. Le Vallette fanno da apripista in Italia per un progetto che porta gli imam tra i detenuti. L’obiettivo, oltre quello di garantire in un contesto già difficile la libertà di culto, è combattere il proliferare dell’estremismo. Solo pochi giorni fa il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha lanciato l’allarme per il pericolo di radicalizzazione nelle carceri ad opera di imam “fai da te”. Chiunque può infatti prestarsi a ricoprire questo ruolo, col rischio che le sue idee vengano diffuse senza controllo. Così Torino, prima città italiana, ha avviato un’iniziativa che coinvolge alcune guide spirituali delle moschee cittadine e l’amministrazione penitenziaria per portare il sermone del venerdì nella casa circondariale “Lorusso e Cutugno”.
«Lavoriamo per spiegare ai nostri fratelli detenuti come comportarsi tra di loro e con i compagni non musulmani – spiega Said Ait El Jide, imam della moschea Taiba – In questo modo il supporto arriva da guide formate e non da figure ambigue che nascono all’interno delle celle». Al progetto, partito lo scorso agosto ma diventato operativo solo dallo scorso febbraio, partecipano anche una ventina di assistenti degli imam. All’inizio tra i detenuti si respirava un clima di diffidenza, poi, un po’ alla volta, sono aumentati sempre più i fedeli che prendevano parte alla preghiera.
«Adesso sono circa duecento – precisa Brahim Baya, portavoce dell’associazione islamica delle Alpi – su circa trecento detenuti di fede islamica, ma puntiamo a far crescere ancora le presenze. Oltre al sermone, avviamo anche tutta una serie di colloqui sia coi detenuti che con le famiglie. Non siamo per gli imam “fai da te” che nascono all’interno del carcere: crediamo piuttosto che sia opportuno introdurre figure che siano già operative all’esterno e che abbiano ricevuto una dovuta formazione. Vogliamo dare il nostro contributo a un insegnamento corretto dell’Islam anche all’interno del carcere, a maggior ragione in un ambiente delicato dove è più alto il rischio di essere influenzati negativamente».

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