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La Costituzione incontra l’Islam: “E’ una guida anche per noi” | La Stampa – Video

ANDREA ROSSI

Questa serata raduna uomini e donne, italiani e stranieri, cattolici, atei, islamici, tutti dentro una moschea dove si racconta come è nata, e con quali ideali, la stella polare del nostro Paese, la Costituzione. Ci sono oltre duecento persone, c’è una razionalità geografica: gli uomini, arrivati nel pomeriggio per la preghiera, sono avanti, seduti o inginocchiati sul tappeto. Gli ospiti, sulle sedie; le donne, sedute anche loro, sparpagliate in sala. Razionalità senza rigide cesure: «Questa è la casa di Dio, quindi di tutti, anche di chi non crede. È casa vostra».

Tra passato e presente  

Nella casa di Dio si legge la Costituzione. L’Anpi, l’associazione nazionale partigiani, e l’associazione culturale islamica di San Salvario, hanno chiamato Andrea Giorgis, professore di Diritto costituzionale all’Università e deputato del Pd. Il richiamo ha fatto breccia: la sala è piena, mancano le sedie, bisogna andarne a prendere delle altre. Si parte dalle basi fondamentali, «ma lì c’è tutto, l’impalcatura su cui si regge la nostra Repubblica», spiega Giorgis. Articoli 2 e 3: «Qui si fissa il modello di società che la nostra Costituzione delinea. Si riconoscono i diritti inviolabili. Si stabilisce che lo Stato è al servizio della persona mentre nei regimi totalitari o nelle dittature, gli individui sono subordinati a uno Stato per cui si devono sacrificare».

È il senso della nostra Carta, ne rispecchia la nascita, le ferite del Fascismo. Ma si può attualizzare, custodisce un valore universale: in quanti angoli del mondo, oggi, gli uomini sono subordinati agli stati o a gruppi che ne orientano, anche con la violenza e la sopraffazione, l’azione? È un continuo rimando: si seziona il passato per immergersi nel presente.

Sono le otto, si sospende la lezione pochi minuti per la preghiera. L’imam recita i versetti, l’orecchio non allenato alla lingua araba coglie solo qualche frase che abbiamo tragicamente imparato a inserire in una cornice: «Allah hu Akbar». È il grido di battaglia dei fanatici, il preludio alla ferocia terroristica. Walid Dannawi coglie un attimo di smarrimento: «Queste parole spesso vengono usurpate da chi agisce per seminare morte in nome di ideali che non ci appartengono. Queste sono parole di pace, troppo spesso se ne fa un uso ingiusto, che noi ripudiamo».

I diritti a rischio  

Conoscersi a vicenda, recita la Sura. E in questa sala di San Salvario – via Saluzzo 18, un interno cortile, sulla porta d’ingresso un cartello che invita a rispettare la quiete dei vicini – ci si arriva quasi in modo naturale, in un continuo gioco di rimandi temporali. «Perché c’è bisogno di una Costituzione?», spiega Giorgis. «Perché non bastano le leggi? Perché una costituzione garantisce i diritti dal rischio che possano essere negati da chi detiene un potere o da chi si trova in maggioranza. Sancisce che la maggioranza non può tutto». Ma se è così, chiede un ragazza, perché si approvano leggi incostituzionali e perché ci deve essere un organismo come la Corte costituzionale? «La sopraffazione fa parte della natura umana».

In Lombardia c’è una maggioranza che ha provato a forzare la mano e ha deciso che per costruire una moschea (solo una moschea) bisogna addentrarsi in una giungla di vincoli e regole. Che cosa dice la Costituzione sulla libertà religiosa?, chiedono a Giorgis. Articoli 8 e 19: «In base a questi principi la legge della Lombardia è stata cancellata». La libertà religiosa è un pilastro. Lo è per tutti: «Vogliamo che tutti siano liberi di credere in quel che vogliono», dice Walid Dannawi. «Noi rispettiamo la Costituzione e le leggi, siamo fieri di vivere in un paese che garantisce queste libertà».

C’è un’ansia di libertà, un fremito che sembra frustrato dalla quotidianità. I ragazzi musulmani vorrebbero partecipare di più: vorrebbero votare, potersi candidare. Sarebbe più facile conquistare l’integrazione. Si chiedono come mai sia così difficile ottenere l’asilo politico se la Carta è così chiara: «Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo».

Le contraddizioni esplodono, i punti di tensione tra il dettato e la prassi emergono. «C’è tanto da lavorare», ammette Giorgis. Però, a vederla da qui, c’è anche un terreno comune.

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